La reale intenzione delle parti è determinante per la distinzione tra fideiussione e garanzia

base giuridica

Nome del giudice

Locarno-Città dal 9 settembre 2021 (SE.2021.9)

Data

09.09.2021

Sommario

Le espressioni scelte dalle parti per errore o per nascondere la vera natura del contratto sono irrilevanti. Piuttosto, è decisivo ciò che le parti intendevano realmente. Nel caso in questione, l’inclusione di C come co-inquilina era un mezzo per rimediare all’assenza di uno specchietto riservato all’eventuale garante nel contratto prestampato. Pertanto, C non può essere ritenuta responsabile come inquilina ai sensi di questo contratto. In più, poiché una garanzia è soggetta a vari requisiti formali, C non è considerata una garante.

Esposizione dei fatti

Nel 2019 D si rivolse ai locatori (A e B) per prendere in affitto un appartamento di 3,5 vani a Locarno. Preoccupati per la situazione finanziaria di D, i locatori erano riluttanti a concederle l’appartamento. D propose quindi la sorella C ("la convenuta") come garante, proposta che fu accettata dai locatori. Dal momento che il modulo prestampato utilizzato dai locatori non prevedeva una casella per l’inserimento di un garante, i locatori suggerirono di elencare C come coinquilina. D accettò questa soluzione.
Di conseguenza, le sorelle C e D furono elencate come coinquiline nel contratto di locazione. In più, la clausola 7 del contratto di locazione stabiliva che C e D figurassero come debitrici congiunte. I locatori consegnarono il contratto di locazione così stipulato a D, che lo presentò alla sorella C, affinché lo firmasse, informandola del fatto che non avrebbe ottenuto il contratto di locazione senza la sua firma. Convinta di agire solo come garante e ignara di essere indicata come coinquilina nel contratto, C firmò il contratto di locazione.
Il contratto fu stipulato a partire dal 1° ottobre 2019 per un canone mensile di 1100,00 franchi. A distanza di qualche mese, D si ritrovò in mora con il pagamento della pigione. Nella sua difficoltà economica, chiese di poter lasciare l’appartamento prima della scadenza. Secondo D, i locatori accettarono; essi tuttavia negavano di avere accettato.
Il 21 agosto 2020, D recapitò ai locatori la disdetta per la fine del mese. Tuttavia, la riconsegna dell’appartamento avvenne soltanto l’11 settembre 2020 e in assenza di C. Il 18 settembre 2020, i locatori lamentarono dei danni per un costo stimato di 1458,00 franchi. Con la sua risposta del 29 settembre 2020, D accettò di pagare le pigioni scoperte ed il ritinteggio di una parete, non però le pigioni successive alla riconsegna dell’appartamento, essendo stati – a suo dire – i locatori d’accordo con la riconsegna anticipata.
Il 5 novembre 2020, i locatori firmarono un contratto di locazione con un nuovo conduttore dal 1° gennaio 2021. Con data 18 dicembre 2020, C ricevette un precetto esecutivo dai locatori per l’importo di 9372,75 franchi più interessi per le pigioni arretrate, le spese del ritinteggio e del risarcimento per la disdetta anticipata di D, alla quale C si oppose tempestivamente. I locatori si rivolsero quindi al Giudice di Pace competente, domandando il rigetto provvisorio dell’opposizione per 3000,00 franchi più interessi. Con decisione dell’8 aprile 2021 il Giudice di Pace accolse l’istanza. Con petizione non motivata i locatori chiesero la condanna di C al pagamento di 4615,85 franchi e di 1456,90 franchi più interessi. All’udienza del 27 aprile 2021 essi aumentarono la pretesa complessiva a 9372,75 franchi più interessi, pari all’importo del precetto. C contestò quindi integralmente tali pretese osservando di avere sottoscritto un contratto unicamente come garante e di non avere in realtà mai avuto l’intenzione di occupare l’appartamento con la sorella, vivendo già con il figlio in un appartamento proprio. In via riconvenzionale, C propose infine un’azione di disconoscimento del debito di 3000,00 franchi per il quale il Giudice di Pace aveva concesso il rigetto provvisorio.
All’udienze di arringhe finali del 6 settembre 2021 le parti si riconfermarono nelle loro rispettive antitetiche posizioni.

Considerazioni

2. Un contratto nasce quando due o più parti si sono accordate per attribuire obblighi e diritti all’una e all’altra manifestando una volontà consensuale (art. 1 CO). A volte possono sorgere dubbi sul contenuto di questa volontà, in particolare quando risulta che le espressioni rese e utilizzate per la conclusione del contratto non collimano con la convinzione intima di una o di entrambe le parti. In proposito, l’art. 18 CO specifica che Ie parole che le parti hanno adoperato per errore o per nascondere Ia vera natura del contratto sono di principio irrilevanti. Determinante è infatti ciò che le parti realmente intendevano. Se gli elementi del caso permettono di risalire ad una volontà comune (più o meno evidente oppure, al contrario, nascosta), iI giudice procederà ad un’interpretazione concreta e soggettiva del contratto, immergendosi nella prospettiva dei contraenti.

2.1 Se invece il contratto è viziato da un’incomprensione di fondo, o comunque se per iI giudice è impossibile determinare quale fosse la volontà comune, entra in gioco una forma astratta di interpretazione, detta oggettiva o normativa. In questo caso il giudice adotterà il punto di vista di un terzo in buona fede, confrontato da spettatore disinteressato con le espressioni impiegate dalle parti, con i loro comportamenti e con lo scopo da loro perseguito. In questo modo circoscriverà la volontà presumibile dei contraenti secondo canoni di ragionevolezza e di equidistanza (DTF 140 III 134, consid. 3.2).
3. Nel caso concreto, lo stesso B ha ammesso che l’inserimento di C come co-conduttrice era un espediente per rimediare all’assenza nel contratto prestampato di uno specchietto riservato all’eventuale garante. Del resto, iI numero di occupanti indicato sul contratto di locazione includeva unicamente D e i suoi due figli, e non anche C e suo figlio. La convenuta non ha partecipato nè alle trattative per la conclusione del contratto, nè alla consegna dell’appartamento, né alla sua restituzione. II primo contatto avuto con i locatori è stato quando Ie hanno intimato di pagare i debiti accumulati dalla sorella dopo che era uscita dall’ appartamento. Inoltre, la disdetta del contratto è stata data unicamente da C senza che gli attori pretendessero, per la riconsegna anticipata dell’appartamento, iI coinvolgimento della convenuta (un contratto di locazione con più conduttori può essere disdetto solo con iI consenso di tutti). È infine significativo che nel suo interrogatorio, B ha dichiarato che:
Ad un certo punto D ha iniziato a non più pagare la pigione. Senza contare che non ha mai pagato la cauzione prevista nel contratto. Né mi ha mai presentato una polizza RC privata prevista sempre daI contratto.
Se Ie due sorelle fossero state realmente co-conduttrici, l’assicurazione di responsabilità civile avrebbe dovuto essere stipulata (e la relativa polizza esibita) da entrambe. Lo stesso vale per iI versamento del deposito cauzionale e delle pigioni.

3.1 È pertanto evidente che nessuna delle due parti intendeva realmente attribuire alla convenuta il ruolo di co-conduttrice. In altri termini, il suo coinvolgimento come co-conduttrice è una simulazione contrattuale secondo l’art. 18 CO. In verità le parti volevano che rispondesse (unicamente) come garante. L’aggiunta, in appendice al contratto, che "i conduttori sono debitori solidari", non cambia la sostanza, dato che C non rientrava per l’appunto tra i "conduttori". Tutt’al più potrebbe essere riconosciuto l’intento di inquadrare, come vedremo, una fideiussione solidale secondo I ’art. 496 CO.

3.2 Un contratto simulato è privo di efficacia. Al suo posto il giudice prenderà in considerazione il contratto dissimulato (quello autentico, mascherato dalle espressioni ingannevoli che figurano sul contratto simulato) sempre che le condizioni di forma siano rispettate (DTF 117 II 382, consid. 2a). Eventuali vizi di forma secondo I ’art. 16 CO sono rilevati d’ufficio daI giudice (cfr. art. 57 CPC e DTF 144 III 462, consid. 3.3.2).
In primo luogo dobbiamo quindi appurare se l’impegno della convenuta come garante sia valido oppure nullo.

4. L’espressione garante può rapportarsi sia ad una fideiussione secondo gli artt. 492 e segg. CO, sia ad una promessa (o garanzia) della prestazione di un terzo secondo l’art. 111 CO. La dottrina e la giurisprudenza riconoscono da tempo la difficoltà nella distinzione dogmatica tra i due istituti giuridici.

4.1 La fideiussione (o malleveria) secondo gli art. 492 e segg. CO è un contratto con cui iI garante (o fideiussore) si impegna personalmente verso il creditore a soddisfare I’obbligazione assunta dal debitore principale se quest’ultimo non adempie di suo. La fideiussione è dunque sussidiaria, dato che iI garante-fideiussore risponde solo se iI debitore principale è inadempiente, e accessoria: se iI debito principale è nullo o inesistente, l’obbligo del garante fideiussore viene a cadere. La fideiussione può essere semplice (art. 495 CO) oppure solidale (art. 496 CO). In questo ultimo caso il creditore potrà rifarsi suI garante-fideiussore in modo più immediato.

4.2 La garanzia della prestazione di un terzo secondo l’art. 111 CO, invece, è un contratto con cui iI garante (o promittente) si obbliga a fare in modo che iI creditore ottenga senza riserve la prestazione che un terzo gli deve o gli dovrebbe o, comunque, un indennizzo per iI mancato ottenimento di questa prestazione. Non è un caso che l’art. 111 CO impone al garante-promittente di risarcire il danno (la perdita o iI mancato introito), e non di pagare iI debito scoperto. La garanzia dell’art. 111 CO, contrariamente all’art. 496 CO, è quindi focalizzata sul soddisfacimento incondizionato del creditore. Egli ha diritto di ottenere daI garante-promittente un risultato, anche nel caso in cui iI debito principale risultasse nullo, inesistente o impossibile da soddisfare. In altre parole, la garanzia secondo l’art. 111 CO è un impegno indipendente e autonomo, contrariamente a la fideiussione che funge per così dire da “stampella" del debito principale. Un esempio tipico dell’art. 111 CO è la garanzia a prima richiesta rilasciata da banche o compagnie assicurative. Se da una parte la fideiussione si focalizza sulla garanzia del debito e sull’esecuzione del contratto sottostante, d’altra parte la garanzia-promessa secondo I’art. 111 CO è focalizzata sul soddisfacimento incondizionato del creditore.

4.3 Come anticipato, la distinzione tra fideiussione e garanzia è tutt’altro che intuitiva. Per questo la giurisprudenza ha sviluppato alcuni criteri di valutazione. Uno di questi criteri è I’interesse del garante alla conclusione dell’affare con iI creditore. Un interesse (economico) proprio e personale del garante costituisce un indizio a favore di una garanzia secondo I’art. 111 CO. Se invece manca un simile interesse, occorre propendere per la fideiussione (TF 4A_24/2020 deI 26 maggio 2020, consid. 4.2.1). Inoltre, soprattutto per le persone fisiche, in caso di incertezza la fideiussione è presunta (DTF 113 II 434, consid. 2c).

5. Nella fattispecie, numerosi elementi spingono a qualificare il contratto (autentico e dissimulato) stipulato tra la convenuta e gli attori come una fideiussione:
a) la sussidiarietà del suo impegno rispetto a quello della sorella. C è stata coinvolta dagli attori solo in un secondo tempo, dopo che quest’ultima si era dimostrata (largamente) inadempiente;
b) l’accessorietà del suo impegno rispetto agli obblighi finanziari disciplinati dal contratto di locazione. La convenuta avrebbe dovuto rispondere solo delle pigioni effettivamente dovute (e dei danni eventualmente causati) dalla sorella. Se per ipotesi l’appartamento fosse divenuto inagibile per cause di forza maggiore, riesce difficile credere che gli attori l’avrebbero costretta a risarcire incondizionatamente il mancato introito;
c) la carenza di un interesse personale. C viveva già con suo figlio in un altro appartamento. Un secondo appartamento non era per lei di alcuna utilità. Certo, era suo “interesse" favorire la sorella. Non possiamo parlare tuttavia di un interesse proprio e specifico a ricevere l’appartamento degli attori.
[La lettera del 18 settembre 2020], infine è, l’emblema della perfetta identità tra il debito principale e la prestazione garantita dalla convenuta, ciò che depone ancora una volta per la fideiussione (TF 4A_279/2009 deI 14 settembre 2009, consid. 3.3).

6. La fideiussione secondo gli art. 492 e segg. CO richiede per la sua validità il rispetto di alcuni requisiti di forma. In primo luogo, iI contratto deve indicare l’importo massimo della somma garantita (art. 493 cpv. 1 CO). Per le cifre garantite da una persona fisica superiori a fr. 2000.– serve inoltre l’atto pubblico. Fino a fr. 2000.– è comunque necessario che iI garante scriva di proprio pugno (=a mano) I’importo della fideiussione, come pure l’eventuale impegno a garantire in modo solidale (art. 493 cpv. 2 CO). Infine, per i garanti coniugati è indispensabile il consenso del marito o della moglie.
6.1 Nella fattispecie, nessuna di queste condizioni è stata rispettata. Il [contratto in questione] non riporta neppure la cifra massima che la convenuta avrebbe dovuto garantire. Ne consegue che l’impegno della convenuta è nullo per vizio di forma e che le pretese degli attori devono essere integralmente respinte.

7. Per gli stessi motivi dev’essere disconosciuto il debito di fr. 3300.– più interessi per iI quale il Giudice di pace aveva (correttamente) concesso il rigetto provvisorio dell’opposizione con la decisione dell’8 aprile 2021. C ha infatti formulato l’azione di disconoscimento all’udienza dibattimentale deI 27 aprile 2021, prima dello scadere del termine di venti giorni previsto dall’art. 83 cpv. 2 LEF (in ogni caso la sua domanda sarebbe stata trattata secondo l’art. 85a LEF). L’inquadramento dell’azione di disconoscimento in una domanda riconvenzionale era inoltre conforme all’art. 224 CPC, poiché andava anch’essa trattata in procedura semplificata.
Da notare che quando accorda il rigetto dell’opposizione il giudice non decide in modo definitivo sull’esistenza del credito. II giudice del rigetto si limita infatti a sbloccare I’esecuzione sulla base degli elementi – autentici o fuorvianti che siano – che appaiono dai documenti. Nella presente procedura il giudice aveva invece il compito di appurare i fatti oltre le apparenze (v. sempre art. 18 CO). Per farlo, si è in particolare servito di testimonianze e dell’interrogatorio delle parti, mezzi di prova preclusi nella procedura di rigetto. Ecco spiegato il perché di una decisione che ribalta quella del Giudice di pace, che non per questo era sbagliata (tanto più che in quella sede la convenuta non aveva presentato osservazioni).

Decisione

62/1 - La reale intenzione delle parti è determinante per la distinzione tra fideiussione e garanzia

Ritorno